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Channel: Storia – IL CORRIERE DELLA COLLERA
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AFRICA DEL NORD: LA LIBIA ASSUME UN RUOLO STRATEGICO NELLA PENETRAZIONE ISLAMISTA ASSIEME AL KATAR. L’UNA MIRA ALL’EGEMONIA POLITICO-RELIGIOSA, L’ALTRO, AL CANALE DI SUEZ. di Antonio de Martini

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Per lunghi anni i due mestieri più gettonati in Tunisia, sono stati rispettivamente il poliziotto e la puttana.
Dalla ormai famosa ” primavera” in poi ( che primavera non era) si è affermato un nuovo mestiere, che da diritto anche ad un corso di formazione remunerato: il Jihadista.

1. Luoghi di reclutamento sono le moschee,il web, i numerosi caffè’ dove fino a poco tempo fa, al tramonto altri giovani sciamavano vendendo profumati fiori finti ricavati da petali di gelsomino.

2. I reclutatori indirizzano i neofiti verso associazioni umanitarie finanziate dal Katar che operano sotto la copertura di ONG per “l’aiuto al popolo siriano”. Queste organizzazioni:

- finalizzano il reclutamento,
- procedono all’addestramento (che dura circa un mese e si svolge in Bouslim, Zentane, Jebel El Akhdar, Ezzaouia e Benghazi);
- organizzano le partenze per il fronte siriano che avvengono da Ghadames e Mars el Brega.

3. Un elenco non limitativo delle “pie”associazioni che cercano di trasformare in guerrieri giovani spesso denutriti,

avrebbe almeno questi tre nomi:

- Karama wa hourriya;
- Arrahma;
- Hourriya wa insaf.

4. Vengono versati 2.000 dollari USA come premio di ingaggio; 1000 al mese di stipendio ( c’è anche il diritto al bottino, codificato dagli usi) e 20.000 dollari ai familiari in caso di decesso,
senza contare il diritto al paradiso garantito dal Ku’ran.
La paga offerta rappresenta il doppio del reddito medio annuo dei tunisini ante-crisi che ammontava a 7.000 euro.

5. La “cupola” per la “gestione strategica della primavera araba”, si è sistemata prudentemente in territorio libico, considerato già sicuro. Membri della ” Cupola” sono:
- Mustafa AbdelJal (gia’ premier libico);
- Youssef Qardawi (presidente degli ‘oulema musulmani))
- Rachid Ghannouchi (leader di Ennahda, il partito di maggioranza tunisino);
- Borhane Ghalioun (nr 2 dei Fratelli Mussulmani e pres del CNS siriano).
- Abdelhakim Belhaj (ex dell’ afghanistan, che abbiamo già conosciuto come comandante della piazza di Tripoli) fondatore del PNL.
Il ministero degli esteri del Katar è il regista-finanziatore di questa sorta di Comintern in salsa islamica.
Grazie a questi finanziamenti, il Katar è esonerato dalla propaganda islamista e dai conati rivoluzionari sul proprio territorio, benché l’emiro sia un tiranno giunto al potere con un golpe contro il padre e gli si addebiti persino la morte di uno dei suoceri ( il padre della sceicca Mozah).

6. La “cupola”, per ora, ha concentrato la propria attenzione in direzione del fronte jihadista siriano verso il quale instrada principalmente aspiranti jihadisti tunisini da riciclare in seguito in Tunisia e in Mali, non appena la situazione lo consentirà.

Intanto la Tunisia, stremata, si appresta ad aprire alla finanza islamica cone strumento per contrastare l’indebitamento e il bisogno di liquidita’ e l’uscita delle prime obbligazioni ” hallal“( se preferite e capite meglio, kosher) è prevista per l’autunno a meno che la situazione – già tesa – non precipiti, costringendo ad una accelerazione.

Il governo tunisino ( ministero delle Finanze) lavora in collaborazione con la Banca Islamica di Sviluppo (BID) il cui obiettivo e’ la vendita di 1miliardo di “sukuk” di stato (circa 700milioni di dollari).

In generale per i paesi del Nord Africa il ricorso alla finanza islamica e’ vantaggioso in ragione degli interessi che si aggirano intorno al 3,9% delle obbligazioni dei paesi del golfo contro il 4,4% di quelle convenzionali.

Tutto sommato, l’islamizzazione della finanza tunisina non preoccupa piu’ di tanto perche’ l’iniezione di liquidita’ che ne deriverebbe dovrebbe preservare la Tunisia da una situazione di dissesto finanziario analoga a quella egiziana.
Per l’Egitto, non è previsto invece, alcun intervento salvifico et pour cause:

Il Katar preferisce che la crisi finanziaria egiziana si aggravi per cercare di mettere le mani sul canale di Suez ed assumere il ruolo strategico che la dimensione del paese altrimenti non consentirebbe, ( oltre ad un investimento eccezionale). L’Egitto, già privato della sedia nel G20 andata all’Arabia Saudita, rischierebbe così di perdere anche la principale fonte di introiti che gli consente un minimo di indipendenza.

Questa strategia è ben vista dagli Stati Uniti che avrebbero con l’occasione ( oltre a sottrarre il canale all’ambiguo rapporto con Morsi ed averlo in completa balia per la sopravvivenza) la possibilità di ” rivedere” lo statuto internazionale- troppo rigidamente neutrale ( vedi passaggi navi militari iraniane) – dell’istmo ed essere in grado di condizionare il traffico marittimo Cina-Mediterraneo, che marginalizza i commerci dell’Atlantico e dunque degli USA , Rotterdam, Amburgo, l’Inghilterra.
Quando, nell’ottobre 1956 Gamal Abd el Nasser nazionalizzò il canale di Suez per finanziare la diga di Assuan ( ostacolata dalla lobby dei cotonieri USA) , Francia e Inghilterra ( e Israele) intervennero militarmente. Vedremo come reagiranno alla strategia del Katar.
A mio avviso, non è un motivo di frattura tra Nord e Sud Europa. È un casus belli.

Nel prossimo post: come il Katar sta comprando la passività Francese e inglese con investimenti costanti.



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